Cos'è una Missione Cattolica?
La Missione Cattolica di lingua italiana è una struttura pastorale e giuridica della Chiesa Cattolica, definita, in latino «Missio cum cura animarum» (vedi il documento sulla pastorale migratoria «Pastoralis migratorum cura», n. 33).
Una Missione Cattolica Italiana è dunque paragonabile a una parrocchia personale circoscritta cioè a una precisa categoria di persone, come, nel nostro caso, gli italiani emigrati in una determinata nazione è una parrocchia locale, circoscritta cioè ad una precisa zona geografica
Questi due tipi di parrocchia si identificano per un ulteriore elemento comune, costituito dalla lingua e cultura italiana. Questa struttura pastorale è una risposta concreta che la Chiesa ha creato per sostenere la fede e la pratica religiosa dei vari gruppi etnici sparsi in tutto il mondo.
Una Missione Cattolica Italiana è dunque paragonabile a una parrocchia personale circoscritta cioè a una precisa categoria di persone, come, nel nostro caso, gli italiani emigrati in una determinata nazione è una parrocchia locale, circoscritta cioè ad una precisa zona geografica
Questi due tipi di parrocchia si identificano per un ulteriore elemento comune, costituito dalla lingua e cultura italiana. Questa struttura pastorale è una risposta concreta che la Chiesa ha creato per sostenere la fede e la pratica religiosa dei vari gruppi etnici sparsi in tutto il mondo.
Cenni storici sull'emigrazione
1. Prima della "grande guerra"
Negli anni che precedettero la prima guerra mondiale, la presenza degli italiani in Svizzera fu strettamente legata ai processi di industrializzazione della seconda meta dell'Ottocento e alla conseguente necessità di realizzare adeguate opere infrastrutturali a loro sostegno.La crescita industriale di questo periodo fu sostenuta quasi per intero da una massiccia manodopera straniera, della quale gli immigrati italiani costituirono una parte rilevante.
2. Tra le due guerre mondiali
La grave crisi economica dopo la prima guerra mondiale costrinse le autorità svizzere a una serie di misure che consentissero un contingentamento della manodopera straniera.
Tra il 1917 e il 1921 si stabiliscono condizioni per l'interdizione dei flussi d'ingresso nel Paese e si prefigura una distinzione tra i diversi tipi di soggiorno per i lavoratori stranieri.Durante il periodo fascista sono presenti in Svizzera numerosi esuli e rifugiati politici dall'Italia.
3. Dopo la seconda guerra mondiale
a. Il mercato del lavoro svizzero si apre nuovamente agli stranieri, grazie a una rapida crescita economica e alla spinta del settore finanziario.
L'economia svizzera gode di una struttura industriale solo lievemente danneggiata dalla guerra.Sono presenti forti riserve di capitali finanziari.Il Paese esercita un richiamo sempre maggiore di lavoratori italiani: dal 1946 al 1964 emigrano in Svizzera più di un milione e mezzo di nostri connazionali provenienti, in grande maggioranza, dal Veneto e dalla Lombardia. Nel 1950, il 95.9% della nostra emigrazione in Svizzera era costituita da operai dell'Italia settentrionale.
b. In questi anni nella Confederazione elvetica vengono realizzati ampi programmi di industrializzazione e di sviluppo; viene precisata la configurazione giuridica dello "stagionale": un lavoratore immigrato impiegato solo per nove mesi all'anno con un contratto temporaneo, senza la facoltà di condurre con sé la propria famiglia. Sono alloggiati in baracche e dormitori, messi a disposizione dalle ditte; vivono in condizioni igienico-sanitarie molto precarie. Solitudine, lontananza dalla famiglia, precarietà lavorativa caratterizzavano la loro vita.La parola "Gastarbeiter" denotava soprattutto temporaneità dell'immigrazione.Nel 1970 la quota di stranieri presenti in Svizzera sale al 15,9% della popolazione locale.
4. Anni Sessanta-Settanta
a. Con la nuova ondata espansionistica degli anni Sessanta,
si intensificano i ricongiungimenti familiari; l'immigrazione, da fenomeno temporaneo, diventa mano a mano strutturale e necessario al mantenimento dello sviluppo economico; il permesso stagionale si trasforma in quello annuale con il diritto al ricongiungimento familiare, con la conseguenza dell'aumento dell'immigrazione; si fa sentire sempre piu' il problema dell'integrazione e della convivenza allo stesso modo dell'aumento del disagio nei confronti degli stranieri da parte della popolazione locale; si constata la inadeguatezza degli strumenti giuridici destinati a rispondere alle esigenze della nostra collettività che si avvia a raggiunge il mezzo milione di unità.
b. La questione migratoria diventa un problema politico: sale la paura dell'Ueberfremdung, dell'inforestieramento progressivo della società elvetica; sorge e si sviluppa il fenomeno della xenofobia.
La prima iniziativa contro l'inforestiamento fu lanciata nel 1955 dall'"Azione Nazionale", fondato alcuni anni prima da Fritz Meier. Famoso è rimasto il Referendum (per fortuna fallito) contro gli stranieri di Schwarzenbach, convinto assertore di una politica migratoria fondata sullo jus sanguinis.Nel 1970 la percentuale degli stranieri in Svizzera raggiunge il 17,2%; gli italiani costituivano il 50% degli stranieri.
All'inizio degli anni Settanta, in seguito alla crisi petrolifera, molti emigrati fanno ritorno in Italia.
5. Anni Ottanta-Novanta
In questo periodo il quadro muta radicalmente.
Si intensifica il processo di integrazione degli italiani nella Confederazione. Essi esprimono un grande desiderio di autonomia sul piano economico e intraprendono attività indipendenti.Si creano le prime aziende a gestione familiare nel settore delle costruzioni, della lavorazione dei metalli, della meccanica di precisione, della ristorazione. Nei giovani si sviluppa la pluriappartenenza culturale e linguistica; la globalizzazione, la nuova mobilità professionale e quella determinata da motivi di studio, le tecnologie della comunicazione moltiplicano la possibilità di incontro con la diversità.
6. L'emigrazione italiana oggi
Gli emigrati italiani in Svizzera godono attualmente di una eccellente considerazione: in una inchiesta del 2003, l'88% degli intervistati considera gli italiani in Svizzera "un arricchimento" della cultura locale. I cittadini svizzeri assumono sempre più a modello lo stile di vita italiano, fatto di eleganza e di buon gusto, di dieta mediterranea e di cultura classica, di pensiero positivo e di innata gioia di vivere, di letteratura, di musica, di cinema e di teatro. La moda, le canzoni, la cucina, il design, i vini della penisola, prendono sempre piu' piede tra la popolazione locale. Gli svizzeri riconoscono oggi alla collettività italiana un "savoir faire" che va oltre il contributo strettamente lavorativo. Essi riconoscono ai nostri emigrati - che, per più di un secolo, hanno costruito ponti, strade, ferrovie, gallerie, palazzi, acquedotti, - il grande pregio che la loro presenza acquista nella gestione dei rapporti umani, nel settore del turismo e dell'arte e nell'innovazione tecnologica.
Negli anni che precedettero la prima guerra mondiale, la presenza degli italiani in Svizzera fu strettamente legata ai processi di industrializzazione della seconda meta dell'Ottocento e alla conseguente necessità di realizzare adeguate opere infrastrutturali a loro sostegno.La crescita industriale di questo periodo fu sostenuta quasi per intero da una massiccia manodopera straniera, della quale gli immigrati italiani costituirono una parte rilevante.
2. Tra le due guerre mondiali
La grave crisi economica dopo la prima guerra mondiale costrinse le autorità svizzere a una serie di misure che consentissero un contingentamento della manodopera straniera.
Tra il 1917 e il 1921 si stabiliscono condizioni per l'interdizione dei flussi d'ingresso nel Paese e si prefigura una distinzione tra i diversi tipi di soggiorno per i lavoratori stranieri.Durante il periodo fascista sono presenti in Svizzera numerosi esuli e rifugiati politici dall'Italia.
3. Dopo la seconda guerra mondiale
a. Il mercato del lavoro svizzero si apre nuovamente agli stranieri, grazie a una rapida crescita economica e alla spinta del settore finanziario.
L'economia svizzera gode di una struttura industriale solo lievemente danneggiata dalla guerra.Sono presenti forti riserve di capitali finanziari.Il Paese esercita un richiamo sempre maggiore di lavoratori italiani: dal 1946 al 1964 emigrano in Svizzera più di un milione e mezzo di nostri connazionali provenienti, in grande maggioranza, dal Veneto e dalla Lombardia. Nel 1950, il 95.9% della nostra emigrazione in Svizzera era costituita da operai dell'Italia settentrionale.
b. In questi anni nella Confederazione elvetica vengono realizzati ampi programmi di industrializzazione e di sviluppo; viene precisata la configurazione giuridica dello "stagionale": un lavoratore immigrato impiegato solo per nove mesi all'anno con un contratto temporaneo, senza la facoltà di condurre con sé la propria famiglia. Sono alloggiati in baracche e dormitori, messi a disposizione dalle ditte; vivono in condizioni igienico-sanitarie molto precarie. Solitudine, lontananza dalla famiglia, precarietà lavorativa caratterizzavano la loro vita.La parola "Gastarbeiter" denotava soprattutto temporaneità dell'immigrazione.Nel 1970 la quota di stranieri presenti in Svizzera sale al 15,9% della popolazione locale.
4. Anni Sessanta-Settanta
a. Con la nuova ondata espansionistica degli anni Sessanta,
si intensificano i ricongiungimenti familiari; l'immigrazione, da fenomeno temporaneo, diventa mano a mano strutturale e necessario al mantenimento dello sviluppo economico; il permesso stagionale si trasforma in quello annuale con il diritto al ricongiungimento familiare, con la conseguenza dell'aumento dell'immigrazione; si fa sentire sempre piu' il problema dell'integrazione e della convivenza allo stesso modo dell'aumento del disagio nei confronti degli stranieri da parte della popolazione locale; si constata la inadeguatezza degli strumenti giuridici destinati a rispondere alle esigenze della nostra collettività che si avvia a raggiunge il mezzo milione di unità.
b. La questione migratoria diventa un problema politico: sale la paura dell'Ueberfremdung, dell'inforestieramento progressivo della società elvetica; sorge e si sviluppa il fenomeno della xenofobia.
La prima iniziativa contro l'inforestiamento fu lanciata nel 1955 dall'"Azione Nazionale", fondato alcuni anni prima da Fritz Meier. Famoso è rimasto il Referendum (per fortuna fallito) contro gli stranieri di Schwarzenbach, convinto assertore di una politica migratoria fondata sullo jus sanguinis.Nel 1970 la percentuale degli stranieri in Svizzera raggiunge il 17,2%; gli italiani costituivano il 50% degli stranieri.
All'inizio degli anni Settanta, in seguito alla crisi petrolifera, molti emigrati fanno ritorno in Italia.
5. Anni Ottanta-Novanta
In questo periodo il quadro muta radicalmente.
Si intensifica il processo di integrazione degli italiani nella Confederazione. Essi esprimono un grande desiderio di autonomia sul piano economico e intraprendono attività indipendenti.Si creano le prime aziende a gestione familiare nel settore delle costruzioni, della lavorazione dei metalli, della meccanica di precisione, della ristorazione. Nei giovani si sviluppa la pluriappartenenza culturale e linguistica; la globalizzazione, la nuova mobilità professionale e quella determinata da motivi di studio, le tecnologie della comunicazione moltiplicano la possibilità di incontro con la diversità.
6. L'emigrazione italiana oggi
Gli emigrati italiani in Svizzera godono attualmente di una eccellente considerazione: in una inchiesta del 2003, l'88% degli intervistati considera gli italiani in Svizzera "un arricchimento" della cultura locale. I cittadini svizzeri assumono sempre più a modello lo stile di vita italiano, fatto di eleganza e di buon gusto, di dieta mediterranea e di cultura classica, di pensiero positivo e di innata gioia di vivere, di letteratura, di musica, di cinema e di teatro. La moda, le canzoni, la cucina, il design, i vini della penisola, prendono sempre piu' piede tra la popolazione locale. Gli svizzeri riconoscono oggi alla collettività italiana un "savoir faire" che va oltre il contributo strettamente lavorativo. Essi riconoscono ai nostri emigrati - che, per più di un secolo, hanno costruito ponti, strade, ferrovie, gallerie, palazzi, acquedotti, - il grande pregio che la loro presenza acquista nella gestione dei rapporti umani, nel settore del turismo e dell'arte e nell'innovazione tecnologica.
Profilo della MCI
La Missione Cattolica Italiana adempie a tre compiti fondamentali di ogni comunità di fede:
- l'annuncio, che si concretizza nella predicazione della parola di Dio;
- la catechesi, il dialogo religioso, la formazione religiosa dei singoli e della comunità, la liturgia, con la quale la comunità cristiana celebra i sacramenti e la sua fede, comprese le manifestazioni di religiosità popolare;
- la diaconia, cioè il servizio verso gli altri: ogni comunità cristiana infatti vive la sua storia concreta nel mondo e si impegna concretamente ad aiutare quanti si trovano nel bisogno.
- l'annuncio, che si concretizza nella predicazione della parola di Dio;
- la catechesi, il dialogo religioso, la formazione religiosa dei singoli e della comunità, la liturgia, con la quale la comunità cristiana celebra i sacramenti e la sua fede, comprese le manifestazioni di religiosità popolare;
- la diaconia, cioè il servizio verso gli altri: ogni comunità cristiana infatti vive la sua storia concreta nel mondo e si impegna concretamente ad aiutare quanti si trovano nel bisogno.